Il processo di valutazione parte dalla conoscenza del bambino o del ragazzo attraverso la narrazione dei genitori. È un momento importante nel quale vengo resa partecipe di una storia che include il bambino, il vissuto dei genitori e come questi hanno reagito alle particolarità del figlio. C’è chi arriva con gli appunti per paura di dimenticare qualcosa, chi passa da un evento ad un altro, chi si focalizza sulle difficoltà incontrate e chi sulle capacità dimostrate. Tutti hanno dubbi e domande. Tutti cercano risposte.
Da questo primo incontro posso decidere se proseguire o se inviare a qualche collega, perché mancando gli elementi a sostegno dell’ipotesi APC le domande rimangono aperte.
Quando si prosegue si passa al secondo incontro in presenza del bambino. Da quando arriva a quando esce dallo studio tutto ciò che accade fornisce informazioni. Nulla è a caso. Ognuno di noi è in relazione sia con l’ambiente che con chi lo abita. Varcare la soglia è un primo passo nella costruzione di un’esperienza comune, che, sebbene preveda l’utilizzo di strumenti standardizzati, non è mai uguale ad un’altra.
Lo studio offre due spazi comunicanti: una stanza dove si lavora e la stanza dei giochi attrezzata per lasciare il bambino libero di esplorare, rilassarsi e giocare.
C’è il bambino che ha bisogno di trascorrere del tempo nella stanza dei giochi, quello che non vede l’ora di iniziare, quello che chiede pause, quello che non si fermerebbe mai, quello che chiede ai genitori di tornare per poter fare altri “giochi” perché è stato “troppo divertente!”, quello che ha vissuto un’esperienza emotivamente così coinvolgente che deve rimanere dopo aver finito per potersi separare lentamente…
La somministrazione dei test non è l’unico modo per raccogliere informazioni sul bambino! Come affronta la situazione, come affronta le singole prove, quanto chiede rassicurazione o insiste per “farne di più difficili”, tutto mi parla di come è quello specifico bambino. Più aumenta l’età, più si modifica la modalità, ma anche nei ragazzi il come vivono l’esperienza è fondamentale.
Il test che utilizzo per valutare il profilo cognitivo dei bambini dai 6 ai 16 anni è la scala Wisc, che è lo strumento più utilizzato a tale scopo. A questo si possono aggiungere altre prove decise in base a ciò che emerge. La durata degli incontri varia e dipende da quanto il bambino si stanca.
La scala Wisc prevede 10 subtest principali e 5 supplementari. Li somministro tutti per avere il maggior numero di dati.
Una volta conclusa la somministrazione dei test i dati raccolti vengono elaborati e raccolti in due relazioni: quella per i genitori e quella per gli insegnanti. Questa fase è la più lunga. Richiede tempo e di non adagiarsi su facili e veloci risposte. Tutti i dati emersi vanno letti considerando come il bambino ha affrontato le singole prove. Il numero da solo non è sufficiente a spiegare il bambino. Lo stesso numero in due bambini diversi assume un significato diverso.
I profili dei bambini APC presentano discrepanze fra i valori che emergono dalla Wisc e queste discrepanze vanno interpretate per poter fornire a chi si relaziona col bambino le chiavi di lettura e gli strumenti per poterlo supportare in una crescita armonica.
Ai genitori presento una relazione molto dettagliata che include la descrizione di tutto l’incontro e di come il bambino ha affrontato le prove. Un domani questo servirà per fare confronti se verrà ripetuta la valutazione. Nella relazione trovano la lettura dei singoli indici, delle discrepanze, dei punti di forza e di debolezza del bambino. Chiunque prende in mano la relazione deve potersi fare un quadro del bambino.
Per la scuola la relazione è diversa ed è focalizzata su ciò che serve agli insegnanti. La chiave di lettura è più operativa e per ogni discrepanza significativa indico come aiutare il bambino in classe. La relazione per la scuola che spiega il funzionamento del bambino e come questo si ripercuote in classe è necessaria affinché gli insegnanti siano supportati nel progettare la didattica per quello specifico bambino.
Valutare l’APC: colloquio coi genitori; somministrazione test al bambino; colloquio di restituzione; relazione per i genitori e relazione per la scuola.
Per contatti infochiaradainese@gmail.com
Buona sera,
Una curiosità.
Leggo che si parla dell’approccio della fascia 6-16 anni.
Ma esiste un approccio anche per fasce di età inferiori o superiori?
Buongiorno Gabriella, certo esistono test utilizzabili dai 2 anni e mezzo ai 90 anni. In età prescolare si utilizza la scala WPPSI (Wechsler Preschool and Primary Scale of Intelligence) utilizzabile fino ai 7 anni e 3 mesi. Dai 6 ai 16 anni e 11 mesi la scala WISC (Wechsler Intelligence Scale for Children) e dai 16 anni ai 90 la scala WAIS (Wechsler Adult Intelligence Scale). Ci sono altre scale e tipologie di test, queste sono le più utilizzate.
Buongiorno,
Vorrei un chiarimento sulla determinazione del QI con il test Wisc, se la differenza tra due indici è molto elevata, il QI non è interpretabile? In questo caso si valuta l’IAG? e quanto deve essere per riconoscere un alto potenziale?
Nella WISC IV il QI risulta non interpretabile quando fra due indici la distanza è di 40 o più punti. Sempre per definire la presenza di Alto Potenziale si guarda lo IAG, che rappresenta la capacità di ragionamento. Il Cut Off rimane 130, quindi uno IAG pari o superiore a 130 definisce la presenza di APC. Chiaro che un 129 non è “NON APC”. Bisogna sempre guardare gli indici e i singoli subtest. Importante è osservare come il bambino raggiunge il punteggio in un subtest: potrebbe sbagliare item facili e poi rispondere fino a quelli più difficili. Aver sbagliato abbassa il punteggio, ma che abbia risposto a domande più complesse è rilevante per comprendere come si attiva davanti al compito.